Viva Cuba
PREMESSA
PREMESSA
La destinazione cubana non è mai stata una mia priorità, è nata un giorno tra amici sulla spiaggia. Forse per questo non ho percepito la tensione che anticipa la partenza, dovuta alle aspettative e alla voglia di vedere un paese a lungo sognato.
Cuba è un isola contraddittoria dove è più difficile che in altri posti sentirsi veramente come parte integrante del luogo; la doppia moneta, le tante persone che ti avvicinano solo per ricevere qualcosa in cambio e molti altri particolari la rendono una meta più ostica di altre per i viaggiatori zaino in spalla che amano perdersi nelle sfumature del paese che visitano. Non per questo però è una meta da scartare, per chi riesce a scrutare al di là del muro Cuba è un luogo che sa ancora regalare emozioni…….che lentamente ti entra dentro........
Il titolo del mio racconto “Viva Cuba” nasce, dopo giorni passati a pensare, in modo del tutto naturale e semplice riguardando una delle foto del viaggio.
Viva Cuba, come citava una delle tante scritte inneggianti alla rivoluzione che si trovavano sparse per l’isola.
Viva Cuba perché, con tutti i suoi pregi e difetti, l’isola e i suoi abitanti rimangono comunque unici.
14 Gennaio 2007 Arrivo
L’aeroporto dell’Avana è simile ad altri già visti, l’unica cosa che salta al naso appena scesi è il dolciastro odore di sigaro che giunge a darci il benvenuto. Il buio della sera confonde i contorni, e l’aria che ci arriva addosso e ci entra nelle narici è quella inconfondibile del Centro America. Appena imboccata la strada però, nonostante siano solo le 7 di sera, poca gente affolla i lunghi viali illuminati da sporadiche luci e adornati solamente da qualche cartellone pubblicitario inneggiante la rivoluzione.
Corriamo sul nostro taxi (una vecchia Lada) verso la città e subito ci rendiamo conto di quanto siano asfissianti i gas di scarico delle rade auto in circolazione. Avvicinandoci al centro le strade si affollano sempre più di persone a piedi con il pollice alto in cerca di un passaggio, arrivando persino a gettarsi in mezzo alla strada incuranti del pericolo.
Impieghiamo circa 20 minuti per arrivare a destinazione; il quartiere del Vedado ci appare sicuramente più buio e fatiscente di quello che ci saremmo aspettati. Anche la casa ci lascia un po’ perplessi, ma in fondo dobbiamo rimanerci poco più di 24 ore e nei nostri viaggi ci sono capitati posti ben peggiori.
Stanchi dopo il lungo viaggio andiamo a dormire, mentre la nostra prima immersione nelle strade cubane riecheggia con i suoi rumori che filtrano dalla finestra.
15 Gennaio 2007 L’Avana
La notte scorre tranquilla, interrotta solamente di tanto in tanto dal rumore del vecchio frigo arrugginito che abbiamo in camera.
La colazione preparataci da Violeta, la padrona di casa, è ricca e abbondante; lei sedendosi con noi e incominciando a parlarci dà subito prova del carattere a dir poco socievole dei cubani. Come molti di loro parla velocemente mangiandosi qualche parola e la cosa rende un po’ più difficoltosa la comprensione. Ci mette in guardia soprattutto da chi tenta di venderci qualcosa per strada o cerca di cambiare denaro e le ultime raccomandazioni le riceviamo da suo genero che però più che cubano, dall’aspetto sembra tedesco!
Alle 9.30 siamo già in strada e percorrendo la Calle 26 con il primo sole del mattino che ci sbatte sulla faccia, andiamo dritti verso il terminal della Viazul.
Purtroppo nonostante tutte le raccomandazioni lette a casa e quelle di Violeta riusciamo, nel mattino cubano, a farci fregare, colpiti dritti al cuore prima che fossimo riusciti ad attivare la mente.
Il nostro avventore prima ci affianca mettendosi a parlare con disinteresse, ci racconta di essere un professore e ci regala un giornale e 2 monete da 3Pcu con raffigurato il Che. Prosegue idolatrando gli italiani a confronto con francesi e tedeschi, e ultimo ma non ultimo ci dice che proprio oggi è diventato padre e sta andando all’ospedale a trovare sua moglie. A questo punto ci saluta dicendo che va di fretta, ma dopo qualche passo torna indietro chiedendoci aiuto e ci mostra una bomboletta di Ventolin (noto medicinale salvavita x asmatici). Ci dice che sua moglie soffre di asma e vorrebbe portarle un dono. Essendo Linda asmatica, sapendo cosa si prova ad essere colti da una crisi e non poter fare affidamento sul broncodilatatore ci siamo fatti impietosire e abbiamo preso insieme a lui la via della farmacia. Durante il tragitto continua parlarci del problema e a raccontarci di quanto siano costosi certi medicinali a Cuba. La farmacia però si trova in un’altro quartiere e dopo estenuanti trattative, dove lui si inginocchia supplicando, ci lasciamo spillare 20Cuc. Baci e abbracci di rito come ringraziamento, e a quel punto lui se ne va di corsa lasciandoci proprio nel medesimo istante con l’amaro in bocca e la sensazione di esserci fatti fregare!
A pochi passi un vecchietto che pulisce la strada ci guarda, lì immobile appoggiato alla sua scopa, con gli occhi di chi dice: vi siete fatti ingannare brutti polli che non siete altro!
Ci avviciniamo e chiediamo conferma del nostro dubbio e a questo punto inizia una predica dai toni accesi. Ci dice più volte di parlarci come un padre e maledice i giovani che non hanno voglia di fare niente se non andare in giro a truffare i turisti; lui sono 30 anni che pulisce le strade per 10Cuc al mese e questo governo non ha mai fatto mancare le medicine e gli ospedali a nessuno. Per finire si congeda dicendo che se lo rivede passare lo accetta con il suo machete!
Dopo la parentesi a dir poco movimentata riprendiamo la 26 e arriviamo al terminal Viazul dove dobbiamo attendere quasi un’ora perché hanno appena disinfestato i locali. Riservati i biglietti e rifiutata l’offerta di un taxi che chiede 8Cuc per l’Avana Vieja, ripartiamo a piedi in direzione calle 23. Dopo 500 mt troviamo un taxi onesto che con tassametro copre lo stesso tragitto per 4Cuc!
La 23 è una delle spine dorsali della città, nasce tra Nuovo Vedado e Miramar e attraversando il Vedado scende verso il Malecòn tra case e locali di ogni tipo. Costeggiamo Habana Centro che è forse il quartiere più fatiscente; come dice la Routard “sembra Beirut dopo i bombardamenti” e vi posso giurare che rende molto bene l’idea! Infine arriviamo ad Habana Vieja, dove alcuni palazzi sono in fase di ristrutturazione, qui i palazzi ristrutturati, in tutto il loro splendore coloniale, giocano alla “bella e la bestia” senza soluzione di continuità con quelli ancora da ristrutturare. La maggior parte della storia cittadina si trova in questo quartiere: cattedrale, monumenti, antichi palazzi del potere e piazze.
La prima impressione che si ha dell'Avana è quella di una vecchia signora in attesa e adagiata sul mare. In attesa non si sa bene se di qualcuno che le rifaccia il trucco, qualcuno che la protegga dal tempo che inesorabile la divora, o se in attesa di crollare su se stessa avvolta nella sua lenta vita e dalle sue case fatiscenti.
Certo le facciate delle case non rispecchiano l’abilità che i cubani mettono nel sopravvivere, la stessa abilità che permette a vecchie Pontiac, Chevrolet e Cadillac di circolare ancora per le strade invece di stare in qualche museo o nel garage di un collezionista.
Un bello schiaffo al consumismo non credete?!
Gli attacchi da parte dei Jineteros (termine indicante tutti i cubani che tentano di trarre profitto da voi, spesso ingannandovi) non sono asfissianti come letto da qualche parte, tuttavia nell’arco della giornata ne respingeremo diversi tra cui uno arrivato ad affermare che a Cuba circolano 3 monete! (ovviamente lui sarebbe stato in grado di procurarci quella di cui non eravamo a conoscenza). Uno ci ha addirittura fermato dicendoci quando siamo arrivati e dove alloggiamo, cercando poi di indagare su cosa stavamo cercando!
Quello che rende l’Avana e Cuba in generale diversa dal resto dell’America Latina è la quasi totale mancanza di negozi e supermercati o similari.
Dopo aver girovagato un po’, ci infiliamo in Calle Obispo. La via è una miscela di locali per turisti, venditori, baracchine per cubani e in uno di quelli più rustici consumiamo il nostro primo pasto cubano!
Terminata la nostra lunga anche se superficiale visita alla Habana Vieja ci spostiamo sul Malecòn e passeggiamo verso Habana Centro e la 23. Mentre seduti contempliamo il mare, si avvicina un vecchio cantando e improvvisandoci un paio di canzoni. Conversando si lascia andare al suo passato rivoluzionario nelle file del Che, sarà vero? Credo proprio di no, ma visto che la storia è bella quando ci chiede 1Cuc per bere qualcosa non ci sentiamo di rifiutarglielo.
Visitiamo il museo della rivoluzione che è stato ricavato all’interno dell’ex palazzo presidenziale di Batista; c’è anche una parte esterna che comprende la Granma, qualche trattore corazzato usato dai ribelli e copia dei missili sovietici che hanno fatto tremare il mondo nell’ottobre del 1962.
Ritornando verso il Malecòn attraversiamo la piazza antistante il museo dove schiere di ragazzi si ritrovano per giocare dopo la scuola; qui a seconda della scuola cambia il tipo e il colore dell’uniforme.
Sotto un certo punto di vista la città sembra veramente militarizzata, c’è un poliziotto quasi ad ogni angolo di strada e questo ci dà sicuramente molta sicurezza in più. Il Malecòn nel frattempo si è animato: chi pesca, chi passeggia o chi semplicemente si gode la brezza del mare.
Il taxi che ci riporta a casa è meno onesto di quello precedente e dobbiamo trattare per 4Cuc, ma quando arriviamo il tassametro segna solamente 2Cuc! Gli faccio notare la cosa e lui sorridendo sottolinea che è rotto……anche questa è Cuba!
Violeta ci saluta dalla terrazza dove ci sediamo con lei e con suo marito che ci raggiunge poco dopo. Conversiamo un po’ raccontando della nostra giornata e di altre cose in generale; devo dire che loro dimostrano tutti e due meno dell’età che hanno.
Oggi abbiamo fatto moltissima strada e la giornata è stata dura, così chiediamo a Violeta di cucinarci la cena. Domani all’alba ci aspetta il trasferimento a Viñales, inoltre il jet-lag si fa sentire e così dopo aver cenato decidiamo di andare a dormire.
16 Gennaio 2007 Viñales e dintorni
La colazione che ci ritroviamo davanti è ancora più abbondante di ieri; sapendo del viaggio che ci aspetta Violeta vuole essere sicura di farci avere lo stomaco pieno! Dopo i saluti di rito lasciamo la casa con i nostri zaini in direzione terminal Viazul.
Non ci siamo trovati poi così male in questa Casa Particular, peccato che dal nostro zaino sia sparita una penna e che dalla tasca sia sbucato un pezzo di smalto per unghie uguale a quello di Violeta!
Lentamente lasciamo la città e insieme a lei la terribile cappa di smog che la ricopre. La strada non sembra male e ai bordi l’erba è molto curata. Davanti a noi si estendono montagne e grandi spazi aperti, colmati solo da qualche piantagione di banane, canna da zucchero o risaie. La vegetazione già ricca e lussureggiante lo diventa ancora di più quando, dopo una breve sosta, arriviamo nei pressi di Pinar del Rio. Qui iniziano, tra i campi, le vaste piantagioni di tabacco che si dice sia il migliore del mondo. Iniziamo a salire tra i Mogotes verso Viñales; la vegetazione ai bordi della strada copre quasi interamente la vista e a dire il vero, chissà perché, ci aspettavamo queste grandi colline dalla forma cilindrica e ricche di grotte carsiche un po’ più piccole.
Scesi dall’autobus veniamo assaliti dagli avventori di Case Particular, che evitiamo gentilmente dirigendoci verso una casa segnalata dalla guida che dovrebbe trovarsi in posizione leggermente decentrata. Purtroppo è già piena ma Alberto, il proprietario, ci accompagna poco distante da un’amica. La camera è veramente graziosa e pulita e anche se inizialmente ci sembra leggermente lontana dal pueblo, la cosa si rivelerà un enorme vantaggio!
Il paese è piccolo e ordinato con poche macchine ma molti cavalli e buoi. Oggi manca la luce così molte delle normali attività rimangono ferme. Noi portiamo subito il pacco che ci era stato affidato da amici in Italia alla sua destinazione.
Cundy, la signora che ci attende, si rivela gentile oltre ogni aspettativa portandoci a visitare la sua casa e in giro per il paese. Ci mostra i pochi negozi e dove prenotare un’escursione per Cayo Levisa o noleggiare un motorino. Congedandosi da noi ci invita a cena a casa sua domani sera, offerta che ovviamente non possiamo rifiutare!
I motorini oggi sono già stati affittati tutti e dobbiamo spostare la nostra scelta sulla passeggiata a cavallo. Il timore per non aver mai cavalcato passa presto; il campesino che ci fa da guida è mezzo matto però ci spiega molto bene tutto quello che ci circonda, piante, fiori, animali, ecc.
Passeggiamo per circa un’ora tra le strade rosse che si inerpicano in mezzo ai Mogotes. Qui il contatto con la natura è forte tutto intorno abbiamo solo piantagioni di tabacco, buoi, maiali e capre. Gli unici rumori innaturali che ci arrivano sono quelli delle pompe per l’acqua, che però solo i più fortunati hanno. In questo angolo di mondo la terra si lavora solo con la forza delle braccia, di qualche animale da soma che a casa nostra abbiamo ormai dimenticato e con la fatica che segna i volti e le vite di queste persone. La nostra guida ci racconta come lavorino dalla mattina alla sera sotto al sole e di come sia difficile avere un raccolto quando piove poco come quest’anno, soprattutto per chi non ha la possibilità di pompare l’acqua fino al suo campo o di trasportarla con le botti e i buoi. Ci fermiamo nei pressi di una specie di tettoia dove un contadino sembra attenderci. Ci concediamo un delizioso pompelmo con miele bevuto direttamente con la cannuccia dal frutto, un ananas fresco e un bel sigaro arrotolato sul momento!
Il nostro avventore ci mostra fiero il suo campo, e mentre nasce una strana discussione tra lui e la nostra guida su come loro non potrebbero vivere al freddo che c’è a casa nostra, mi faccio ritrarre in una memorabile foto tra loro due mentre tabacco con il mio primo vero sigaro cubano.
Il senso di bellezza e libertà che aleggia nell’aria è grande, solo sembra alto il prezzo che questo popolo è costretto tutt’ora a pagare per la propria indipendenza. Ci sottolineano più volte di quanto sia dura la vita che fanno e mi pare alquanto inopportuno cimentarmi nella spiegazione di quanto, comunque, la fortuna di poter godere della natura e di questa tranquillità ripaghi in parte i loro sacrifici.
Salutiamo il campesino e riprendiamo la via del ritorno, nel frattempo la brezza della sera si è fatta più fresca. Il ritorno è più silenzioso, lascia spazio ai pensieri e alla contemplazione di quello che ci circonda. Incrociamo ancora contadini che salutano con un cenno intenti ad arare i campi con i loro buoi, o mentre il sole allunga le loro ombre si prodigano nella raccolta del tabacco che verrà presto messo a seccare nelle tipiche costruzioni dal tetto spiovente, dove si crea una specie di forno naturale senza umidità.
I soldi che spendiamo per i cavalli (25Cuc) vanno al proprietario e per ringraziare la guida che ha reso ancora più speciale la giornata decidiamo di regalargli alcune cose: 2 maglie, 1 paio di pantaloni al ginocchio, alcune saponette e un notes con alcune penne per i suoi figli. Ci ringrazia con un grande sorriso e dire il vero aver aiutato questa persona non con soldi ma con oggetti ha reso molto più sereni anche noi, donando un grande senso di solidarietà e fratellanza alla cosa.
Dopo aver cambiato il denaro e prenotato l’escursione per l’indomani a Cayo Levisa, torniamo a casa per goderci la tranquillità, una birra e le sedie a dondolo, il tutto con la capra che gira libera nel giardino a tenere corta l’erba. Che si può volere di più dalla vita!
Raquel (la padrona di casa) ci mostra degli splendidi gamberi di fiume che ha pescato nel pomeriggio e che noi prenotiamo per la cena di dopodomani.
Per cena ci cucina invece uno splendido filetto di pesce con riso, fagioli, pomodori e una specie di patata fritta.
Nonostante la stanchezza usciamo per il paese; le poche luci rendono il cielo, sgombro di nuvole, uno spettacolo incredibile. Ci fermiamo nel locale che dà sulla piazza; l’ingresso a pagamento (1Cuc) lo rende pieno di turisti e con pochi cubani, ma tuttavia l’atmosfera è piacevole e sorseggiamo i nostri primi mojito e daiquirì a ritmo di salsa.
17 Gennaio 2007 Cayo Levisa
Fortuna che il fuso ci aiuta perché anche oggi sveglia all’alba. Colazione abbondante con frutta fresca, caffè, pane e marmellata di guayaba e alle 8.00 siamo già davanti alla Cubatour in attesa del bus per Cayo Levisa. Il viaggio dura circa un’ora tra vegetazione selvaggia e campi coltivati; a ordinate piantagioni di tabacco si susseguono mais, banane e canna da zucchero, coltivazioni che affondano le loro radici nella terra resa rossa dalla ricchezza di ferro. Saliamo su di una piccola barca che dopo 30 minuti ci scarica su di un minuscolo pontile tra le mangrovie. Dopo aver attraversato un sentiero immerso nella vegetazione ci troviamo davanti le costruzioni dell’hotel che integrandosi discretamente con il paesaggio non sono poi così invadenti, oltre di esse la spiaggia e uno splendido mare azzurro. Ci defiliamo dal resto del gruppo andandoci a posizionare in disparte sulle sdraio della struttura dove ci sono anche delle graziose palape con amaca.
La spiaggia di sabbia bianca si estende lunga nei due lati orlata dalle mangrovie e dai colori del mare, che giocando a nascondino con il sole continua a cambiare tonalità. Passeggiando dietro alle rade mangrovie nei pressi della spiaggia magnifici scorci si presentano agli occhi. La giornata scorre tranquilla e prima che alle 14.00 il sole lasci spazio definitivamente alle nuvole, supportate dal vento che si fa più fastidioso, riesco a fare il primo bagno dell’anno. L’acqua è trasparente e la temperatura piacevole e anche se il fondale non offre nessuna particolare emozione mi consolo pensando che a casa è gennaio e per uscire serve il cappotto!
Il viaggio di ritorno è terribile, l’autista visto che siamo in leggero ritardo corre come un pazzo e in 45 minuti ci riporta a Viñales. È inutile dire che lo stomaco non approva, anche se riesco a non vomitare forse solo perché il pranzo è stato a base di ananas.
Corriamo a casa per la doccia, stasera siamo invitati da Cundy e non vogliamo certo arrivare tardi.
Riusciamo a contenere il ritardo in 15 minuti, ma la cosa che più ci fa sentire a disagio è scoprire che la cena viene preparata solo per noi e che loro hanno già mangiato! (almeno crediamo)
Ci ritroviamo davanti una tavola imbandita da riso con fagioli, pollo cotto alla piastra e poi ripassato nel suo sugo, banane fritte e per finire un bel piatto di pomodori con peperoni e cavolo cappuccio. La cosa ci fa capire quanto ci tenesse a farci questo invito e il senso di disagio scompare in fretta quasi come il cibo che sta sulla tavola. Per finire c’è anche il dolce tipico (formaggio e marmellata di papaya).
Il dopo cena sta già passando alla storia come una serata tra vecchi amici, Cundy ci regala alcuni filtri di camomilla che coltiva lei e dei piccoli vasetti contenenti rimedi naturali a base di mango e aloe. A causa della scarsa reperibilità di medicinali , qui la medicina tradizionale o naturale che dir si voglia non ha mai perso il suo posto. Trascorriamo più di 3 ore a parlare con lei, suo figlio Alexis e per qualche minuto con suo fratello che fa il musicista e lascia trapelare la speranza che un giorno questo suo mestiere possa portarlo fuori dai confini di Cuba. I racconti degli uragani che periodicamente battono la zona e delle difficoltà quotidiane ci fanno sentire impotenti e un po’ tristi, ma allo stesso tempo la tranquillità e il modo in cui questa gente affronta la vita ci meraviglia.
Salutiamo i nostri amici tra baci e abbracci, e sulla via di casa facciamo una sosta daiquirì nel locale di ieri sera.
Anche questa sera il cammino verso la nostra abitazione è accompagnato da un magnifico cielo stellato; sulle nostre teste la volta celeste ci sembra così vicina come se quasi potesse cadere, e allo stesso tempo irraggiungibile.
18 Gennaio 2007 Cayo Jutias – Cueva di S.Tomàs
Anche oggi la sveglia è data dai galli che lentamente nella notte prendono il posto dei grilli. Dopo colazione corriamo ad affittare il motorino……per fortuna perché prendiamo proprio l’ultimo!
Prima di partire in direzione Cayo Jutias passiamo da casa, dove Raquel ci mostra alcune scatole di sigari. La qualità e il prezzo ci sembrano buoni così ci accordiamo per l’acquisto (Robaina e Montecristo).
La strada per Cayo Jutias è lunga e si snoda dapprima nella incantevole valle di Viñales, poi iniziando un sali e scendi sulle colline, a tratti dolce e a tratti ripido. Il paesaggio intorno a noi è rigoglioso e ricco di pini marittimi, la strada affollata per lo più da carretti, biciclette e gente a piedi che saluta al nostro passaggio, facendoci sentire un po’ pionieri. In alcuni tratti la carreggiata è rotta e si deve prestare molta attenzione; inoltre le deviazioni mal segnalate sono parecchie e la cosa più saggia da fare è chiedere spesso alle persone che si incontrano.
In poco più di un’ora, dopo aver attraversato il breve pedra plein che collega la terra ferma al Cayo, arriviamo finalmente alla spiaggia. Le acque sono di un bel verde-azzurro dalle bellissime sfumature che contrastano con le chiazze più scure della barriera corallina e la bianca spiaggia pur non essendo molto profonda si snoda per 2Km da un lato e quasi 4Km dall’altro.
I turisti sono pochi e, salvo rare eccezioni, si può godere veramente di qualche ora tranquilla.
Oggi per la prima volta da quando siamo arrivati comincio a sentirmi parte di quello che mi circonda; la serata con Cundy e il tragitto difficoltoso che abbiamo dovuto compiere per giungere fin qui hanno abbattuto parte di quella barriera che si ha la sensazione di avere intorno e tende a farci sentire corpi estranei.
C’è molto da pensare guardando nel volto di questa gente che nella massima tranquillità tira il carretto con i buoi, mentre a poche miglia davanti a noi, al di là del mare, si trova la tecnologia più avanzata che farebbe lo stesso lavoro in modo rapido e soprattutto meno faticoso.
Ma sarebbe davvero la soluzione?
Alle 14.00 dopo 3 ore sotto al sole, che pur essendo invernale cuoce la pelle, e dopo aver fatto un bel bagno nelle acque limpide e fresche di questo cayo sperduto riprendiamo la via di casa.
Il ritorno va abbastanza liscio, a parte un momento in cui sembrava che la nostra “Poderosa” dovesse lasciarci a piedi in mezzo al nulla! Facciamo anche una sosta per 2Cuc di benzina (il rischio di perdersi e rimanere a secco è sempre in agguato).
Alle 15.20 siamo puntuali come orologi svizzeri davanti alla reception della Cueva di S.Tomàs (la 3° per estensione di tutta l’America Latina), dove partiamo per un’escursione di 1h30m insieme ad un gruppo di 15-16 tedeschi. La grotta si snoda su 7 livelli, noi nella nostra visita ne esploriamo una minima parte e la cosa più interessante è che la grotta non è stata addobbata ad albero di natale come per esempio Frasassi, qui tutto è ancora allo stato naturale e le uniche luci sono quelle dei nostri caschetti. Alla fine dell’ultimo livello visitato infatti la guida ci invita a spegnere tutte le luci e rimaniamo per un paio di minuti nel buio più completo!
Riportati i motorini, prima di rientrare a casa, facciamo una sosta nella piazza centrale per acquistare dei souvenir; troviamo delle belle statuine in madera scolpite a mano e una tela dipinta da un pittore locale che raffigura i mogotes.
Raquel per cena, come promesso, ci ha cucinato i gamberi di fiume che sono buonissimi, se doveste capitare a Viñales in periodo di luna nuova chiedeteli perché ne vale la pena.
Prima di uscire dobbiamo traslocare una piccola rana che ha preso possesso del nostro water. Linda inoltre, vista l’ospitalità e la gentilezza ricevuta, decide di donare una delle sue magliette alla figlia di Raquel; inutile sottolineare la gioia portata da questo dono.
Stasera ci fermiamo al “Patio del decimista” dove suonano salsa dal vivo e soprattutto, non essendoci nessun obolo da pagare per l’ingresso, è frequentato da cubani che ballano. Tra mojito e daiquirì vediamo alcune coppie che ballano veramente bene e anche le donne con qualche chilo di troppo mostrano nella danza una leggerezza invidiabile!
L’ultima sera non vogliamo perderci lo spettacolo del cielo stellato, facciamo ritorno presto e dopo aver indossato un maglione di cotone ci piantiamo con le sedie a dondolo in mezzo al giardino e il naso all’insù. La volta celeste sembra dipinta su di una tela sospesa nel vuoto e le stelle così luminose e inafferrabili brillano come diamanti. Con questo stato di pace e in sottofondo il canto dei grilli trascorriamo un’oretta in compagnia di un paio di birre Bucanero e del mio primo Cohiba.
19 Gennaio 2007 Viñales-L’Avana-Ciego de Avila-Moròn
L’aria questa mattina è frizzante, nella valle una leggera nebbiolina ricopre le piantagioni di tabacco come a volerle celare da occhi indiscreti e rendendo tutto ancora più magico. La giornata che ci aspetta è delle più movimentate, e fatta la solita colazione prendiamo la via dei campi. Passeggiamo tra le piantagioni scattando foto e gustando gli ultimi scampoli di questa valle, e mentre passiamo davanti a casa di una campesina riceviamo l’invito a entrare per vedere come fabbrica i sigari. Mentre ci racconta di come si lavora il tabacco ne prepara 3 di differente misura e uno da provare subito. Trascorriamo una piacevole mezz’ora e prima di salutarla facciamo una simbolica offerta per i sigari che ci ha donato.
Le ultime ore a Viñales abbiamo deciso di trascorrerle con Cundy e ovviamente come di consueto ci presentiamo in ritardo all’appuntamento. Visitiamo insieme la Casa della Carità un giardino botanico dove si trovano diverse specie di piante di diversi continenti, tra cui alcune molto vecchie. Nel frattempo durante la nostra visita ci raggiunge anche Alexis e dopo aver lasciato la nostra dedica e una piccola mancia (l’ingresso è gratuito), ci dirigiamo a casa di Cundy. Ci scambiamo i nostri indirizzi e-mail e facciamo alcune foto ricordo, con la promessa di mantenere i contatti.
Durante il tragitto che ci porta alla nostra abitazione facciamo anche il nostro primo acquisto in pesos cubani; due panini al prosciutto al prezzo di 10Pcu (l’equivalente di 0,40€). Non vi dico la soddisfazione di sentirsi allo stesso livello dei cubani.
Preparate le valigie e salutata la famiglia di Raquel, mentre il sole si è fatto cocente, ci dirigiamo alla fermata Viazul.
Ci lasciamo lentamente alle spalle la valle di Viñales e Pinar del Rio, con la sua natura rigogliosa e le sue ordinate piantagioni di tabacco. Salutiamo un luogo che ci ha dato tanto e in bocca abbiamo già il sapore amaro della nostalgia, ma la voglia di scoperta è tanta e il cammino verso oriente ci attende.
Pressappoco in 3h30m siamo di nuovo all’Avana che già ci appare dal volto più umano. Lasciate le valigie al terminal e fatti i biglietti per la sera contrattiamo con un taxi e ci facciamo portare nel Vedado. Dopo uno strano slalom in strade dall’aspetto poco raccomandabile il taxi ci scarica davanti a Coppelia, la gelateria resa celebre dal film “Fragola&Cioccolato”. Qui ci lanciamo in nuovi acquisti con i Pcu. Prima comprando arachidi da un vecchietto, le vendono dentro a coni di carta e non vi dico la fatica per farci spiegare cosa erano, anche perchè il signore credendo Linda cubana, non si capacitava del perché stentassimo a capirlo!
Infine dopo una pizza al taglio nel locale a fianco del cinema, ci mettiamo in fila da Coppelia per il nostro primo gelato cubano.
Dopo un attesa di circa 30 minuti, qualcuno dice che i turisti possono passare ma a noi non sembra certo giusto avere privilegi, ci sediamo sugli sgabelli del lungo banco a semicerchio e qui cadono tutte le nostre fantasticherie sui gusti da scegliere…….è rimasta solo la fragola! Prendiamo 2 palline a testa per 4Pcu in tutto (0,16€), e la cosa bella è che i cubani ne mangiano 5-6 per volta a velocità incredibile! Ancora più incredibili sono i venditori ambulanti che mentre si è in fila ad aspettare vendono biscotti e cialde da mangiare con il gelato. Prima di risalire sul taxi ne compriamo 2 pacchetti in Pcu……ormai siamo lanciati!
Il nostro bus parte in orario ma il viaggio si rivelerà tutt’altro che scontato. Prima passiamo qualche ora nel gelo polare nonostante giacche, maglioni e coperta rubata sull’aereo per l’occasione, poi il bus si guasta per un paio di volte e alla fine raggiungiamo Ciego de Avila con 1h30m di ritardo.
20 Gennaio 2007 Moròn - Cayo Coco – Cayo Guillermo
Alle 6.00 siamo a Ciego de Avila, la notte è ancora padrona del cielo e nonostante l’idea non ci alletti più di tanto trattiamo con un taxi particular il tragitto per Moròn. L’ultimo tratto di strada che ci separa dalla nostra meta è un lungo rettilineo buio, e la macchina oltre a emettere un pessimo odore di cherosene e gas di scarico, fa anche poca luce. L’alba spunta in lontananza e facciamo il nostro ingresso nel pueblo alle prime luci del mattino. Moròn è un centro discretamente grande ma il numero di case particular non è molto alto, infatti possiamo affermare con certezza che l’unica attrattiva è la relativa vicinanza con Cayo Coco e Cayo Guillermo (100Km). Troviamo posto nei pressi del centro; la camera si libererà nel pomeriggio ma in compenso la proprietaria ci dà la possibilità di cambiarci e ci prepara un abbondante colazione.
La prima brutta notizia ci coglie alla sprovvista infatt,i nonostante quello che avevamo letto e che la stessa guida riporta, a Moròn non si affittano più motorini! I taxi chiedono una cifra intorno a 80Cuc per il tragitto andata e ritorno dal cayo e per la prima volta nei nostri viaggi in Centro America siamo costretti nostro malgrado a noleggiare un’auto. La prima difficoltà risulta uscire dal pueblo; nel frattempo le strade semideserte si sono riempite di biciclette e carretti trainati dai cavalli e per farlo dobbiamo più volte chiedere informazioni. Presa la direzione del cayo percorriamo lunghi rettilinei e qui inizia anche la nostra esperienza di autostop dando un passaggio a 3 donne fino all’abitato di S.Rafael, che si trova ai limiti della strada a pedaggio. Dopo aver pagato il pedaggio e mostrato i nostri documenti ci incamminiamo tra mare e cielo lungo una strada che sembra galleggiare sulle acque. A dire il vero il fondo stradale è tutt’altro che nuovo e in alcuni tratti è prudente fare attenzione. Questo però non basta a frenare la voglia di tuffarci in quelle che dicono le più belle spiagge di Cuba, e poco prima di arrivare sul cayo un poliziotto appostato dietro la curva mi rifila 30Cuc di multa per eccesso di velocità!
Sul cayo il fondo stradale peggiora ulteriormente e le buche diventano delle vere e proprie fosse. La prima spiaggia che troviamo lontano dalla zona hotel, Playa Flamingo, risulta veramente minuscola e così fatte alcune foto di rito decidiamo di dirigerci verso Cayo Guillermo. Durante il tragitto non vediamo nessuna indicazione delle altre 2 spiagge che dovremmo incontrare e ci ritroviamo direttamente sull’altro cayo. Decidiamo così di proseguire fino all’estremità di quest’ultimo: la tanto decantata Playa Pilar.
L’ultimo tratto di percorso di circa 6Km è terribile; niente asfalto! Il mare che si presenta davanti a noi è stupendo, ma sinceramente dalla spiaggia di sabbia bianca ci saremmo aspettati qualcosa di più. È un po’ sporca e tutt’altro che disabitata……non è raro trovarci interi pullman! Tuffandosi nelle acque in compenso si può apprezzare la limpidità dell’acqua e il fondale di sabbia che degrada lentamente. La giornata ventosa e il sole di gennaio, che rimane basso all’orizzonte anche nelle ore più calde, non ci permettono di rimanere oltre le 4 del pomeriggio, orario in cui abbandoniamo questa spiaggia di borotalco tanto amata da Hemingway.
Sulla strada di ritorno diamo prima un passaggio ad un ragazzo fino alla zona hotelera, poi ad un uomo dall’aeroporto fino a S.Rafael (anche adesso il poliziotto di questa mattina era già intento a fare altre multe).
Facciamo il piano per i prossimi giorni e ci diamo un bella rinfrescata; per cena ci attende l’aragosta!
La tavola che ci si presenta dinnanzi è molto più imbandita di quanto ci potessimo aspettare: zuppa di fagioli, pasticcio di gamberi, verdura, banane fritte, riso in bianco, frutta e almeno 18-19 pezzi di aragosta con il sugo. Possiamo affermare senza sbagliarci che la quantità di cibo di questa sera è certamente la più abbondante del viaggio.
Terminata la cena andiamo in giro per il paese che a dire il vero non offre molto; potremmo definire Moròn il pueblo dei carretti a pedali (3 ruote con 2 posti + conducente che funge da autista). Per la strada ci sono molti giovani che girano e si mettono in mostra con i loro mezzi; alcuni sono addobbati con bandiere colorate e altri hanno addirittura l’autoradio!
La serata è fresca, prendiamo un paio di cuba libre all’unico chiosco che troviamo e ci mettiamo a sedere su di una panchina ad osservare. Sembra che la tranquillità e la genuinità di questo paese non sia ancora stata turbata dai turisti in transito.
21 Gennaio 2007 Circuito Northe - Cayo S.Maria
La mancanza di collegamenti efficienti tra Moròn e S.Clara ci ha costretti a cambiare programma e oggi partiamo prestissimo in direzione Cayo S.Maria. Alle 8.00 siamo già in auto, e in meno di 10 minuti siamo fuori dal paese lanciati sul circuito northe in direzione Chambas. Le condizioni del fondo stradale non sono brutte come ce le aspettavamo tra un carretto e l’altro diamo il primo passaggio della giornata ad una ragazza. Arrivati a Chambas la lasciamo davanti all’ospedale, proseguiamo tra piantagioni di canna da zucchero e spesso la strada incrocia passaggi a livello senza sbarre……binari per un treno che probabilmente non passerà più.
La seconda fermata è di quelle importanti: carichiamo un’intera famiglia diretta a S.Clara. Dopo l’abitato di Mabuya, costeggiamo le montagne appartenenti alla catena delle “Alturas del Nordeste” che lasciamo solo nei pressi dell’abitato di Yaguajay, e in circa 1h45m siamo al bivio che ci porterà a Cayo S.Maria.
Salutiamo l’allegra famigliola che ora si rimetterà sul ciglio della strada in cerca di un passaggio per i restanti chilometri, e dopo pedaggio e documenti di rito siamo di nuovo pronti per lanciarci in mezzo al mare. Il pedra plein verso questo cayo è più recente, la carreggiata più larga e l’asfalto in ottime condizioni; il limite di velocità infatti è di ben 90Kmh. Copriamo velocemente, tra cielo e mare, i 50Km rimasti e per qualche istante perdiamo quasi il contatto visivo con la terra ferma. Nel tragitto facciamo anche in tempo a prendere un acquazzone di 5 minuti……la nostra prima pioggia cubana! Superato l’aeroporto e la piccola zona dove sono in costruzione alcuni hotel, imbocchiamo una pista bianca in buone condizioni che in circa 6Km ci porta fino a Playa Perla Blanca.
Veniamo in parte riscattati della parziale delusione di ieri e dalla maggiore distanza che abbiamo dovuto percorrere (circa 340Km andata e ritorno). La spiaggia si presenta semideserta e incontaminata, e il mare dalle infinite tonalità turchese ruggisce ancora sul bagnasciuga come a volerne reclamare la paternità. A occhio le spiagge si susseguono in neanche troppo piccole calette dal bianco intenso, la trasparenza dell’acqua ci permette di avvistare qualche pesce da riva, ma purtroppo il forte vento rende il mare piuttosto ondoso.
Il pomeriggio porta nuvole e siamo costretti a levare le tende in anticipo. Compriamo una bibita dal vecchio del parcheggio come obolo della nostra permanenza e riprendiamo la via del ritorno mentre uno scroscio di pioggia allaga la carreggiata (il luogo è ancora talmente incontaminato che non ci hanno chiesto soldi per parcheggiare, evento raro a Cuba!).
Il timore di rimanere a secco sulla via del ritorno ci costringe ad una sosta dal benzinaio. Al distributore ci sono parecchie piante di cocco e Linda chiede se ne possiamo avere uno, così il ragazzo machete alla mano ne stacca 3 e ce li consegna pronti da bere e mangiare (lasciamo 2Cuc di mancia). Visto che il sole è tornato a splendere e che siamo in anticipo, ci concediamo una breve sosta sul pedra plein per gustarci i cocchi e qualche foto suggestiva. Il sole in faccia, basso all’orizzonte che si riflette sull’acqua, rende l’atmosfera ancora più surreale.
La strada al ritorno è molto meno trafficata del mattino ma riusciamo comunque a caricare 3 persone fino a Yaguajay e due signore anziane con bambina fino a Moròn. Dare un passaggio ai cubani non è un obbligo per il turista, ma nel farlo, proviamo quella strana leggerezza dell’essere che arriva dopo una buona azione e credo sia il minimo che possiamo fare, dato che ci fa sentire decisamente bene……oltre a farci sentire un poco cubani naturalmente!
Prima di lasciare finalmente l’auto alla Cubacar ci fermiamo da Coppelia per un gelato, qui a Moròn l’unico gusto disponibile è caramello! Ovviamente il tipo che doveva aspettarci per ritirare l’auto non c’è e noi dobbiamo tornare a casa per chiamarlo al telefono.
Stasera Mirta ci ha cucinato un pescado enorme al forno e i contorni anche oggi non devono certo invidiare quelli di ieri sera. Finita la cena facciamo qualche coccola a Rinti (il pechinese della casa) poi prepariamo gli zaini dato che lo spostamento verso Trinidad è in notturna.
22 Gennaio 2007 Trinidad – Playa Ancon
La notte è appena iniziata quando la nostra sveglia ci avverte che è ora di metterci in cammino; sono le 2.15 quando il nostro taxi particular ci viene a prelevare davanti a casa. La macchina tossisce parecchio e l’impressione di poter rimanere a piedi da un momento all’altro è forte, ma fortunatamente non accade. In 40 minuti, dove per qualche istante abbiamo creduto di poter morire asfissiati dai gas di scarico nell’abitacolo, raggiungiamo Ciego de Avila.
Qui ci attendono 30 minuti di follia. Mentre semi-addormentati attendiamo il bus diretto a Trinidad, Linda si rende conto di aver dimenticato lo zaino piccolo nel taxi! Non ci crederete mai, ma non mi riesco nemmeno a rendere conto di quante persone cerchino di aiutarci; chi cerca un elenco del telefono, chi prova a pensare se conosce l’autista e infine chi si offre di andarlo a prendere in giornata! Purtroppo non possiamo aspettare; sfortunatamente non ci sono altri bus che ci portino a destinazione. Le perdite non sono poi così gravi: 2 coperte rubate dall’aereo, 2 maglioni di cotone, lo zaino stesso e la guida Routard (perdita più grave). Manteniamo però la flebile speranza che qualcuno possa inviarcelo a Trinidad o direttamente all’Avana.
Anche se sono 2 ore che siamo qui ad aspettare, ci fanno i biglietti all’ultimo momento e sempre senza particolari motivazioni dobbiamo trovare posto al buio visto che l’autista non ha acceso le luci!
Al nostro arrivo gli amici di Mirta ci attendono alla stazione; non sappiamo cosa ci attende, in questo modo però evitiamo l’assalto dei procacciatori di case particular che all’arrivo dei pullman sono schierati come un plotone di esecuzione.
La casa sembra discreta; tiriamo un po’sul prezzo visto che a causa delle spese avute fino ad ora non sappiamo se saremo in grado di concludere il viaggio senza fare uso della carta di credito (le tasse cubane sono altissime), spuntiamo 5Cuc di sconto al giorno con la promessa di cenare a casa quasi tutte le sere.
Al primo impatto Trinidad è caotica e per strada c’è un via vai generale. Acquistiamo 2 banane per strada in Pcu e riusciamo a salire al volo sul bus diretto a Playa Ancon.
La spiaggia è ampia e spaziosa, ma non è bellissima, e inoltre due hotel di recente costruzione si affacciano proprio su di essa. Il mare, più caldo che sul lato Atlantico, non è però all’altezza dei caraibi e l’acqua sotto riva tende ad essere torbida. Pranziamo con le banane e con una pizza acquistata sulla spiaggia per 1Cuc. Oltre al cameriere di uno dei due hotel che periodicamente passa a chiederci se vogliamo qualcosa, ci attacca bottone anche un pescatore di corallo. Parla molto bene l’italiano e ci racconta che già da qualche anno viene in Sardegna a pescare corallo rosso insieme ad un gruppo di pescatori italiani.
Alle 3.00 del pomeriggio, ormai cotti dal sole, ritorniamo in città per un giro di esplorazione. Le nostre speranze di vita tranquilla cadono fragorose; camminare per la città è terribile, veniamo assaliti da ogni sorta di venditore e il solo passeggiare si rivela un’attività faticosa. A suggellare la nostra passeggiata ci pensa un vecchio che prima ci chiama in casa per un caffè, e poi tenta di venderci collanine e altre cose. Per quanto possa apparire innocuo, Linda si mostra piuttosto infastidita dalle sue continue attenzioni.
Nonostante il paragone con S.Cristobal in Chiapas non sia prorpio calzante il centro storico è bello. I vicoli pavimentati in sasso sono affascinanti e dal sapore coloniale. L’impressione però è che il turismo di massa abbia già fatto danni irreversibili e che tutta l’autenticità respirata a Viñales o persino a Moròn, dove nessuno ci ha mai chiesto niente, sia perduta.
Speriamo solo che dopo esserci sentiti, seppur in modo marginale, parte di quello che ci circonda, ora non dovremo rassegnarci a essere prede per i prossimi 5 giorni!
La cena ci ripaga in parte della giornata, anche se i 3 italiani che lasciavano l’abitazione questa mattina ci avevano parlato male delle stanze e della casa (ma d’altronde venivano da Cancun!). Ceniamo fuori nello splendido patio, le portate ci vengono servite una alla volta come al ristorante e non sono niente male. Visto che da 3 notti dormiamo poco decidiamo di goderci le sedie a dondolo per un po’e poi andare a riposarci.
23 Gennaio 2007 Trinidad – Sierra dell’Escambray (Salto Caburni)
Quasi 10 ore di sonno ci rimettono in sesto. Durante l’ottima e abbondante colazione decidiamo che oggi si và per montagna.
Dopo aver fatto una piccola scorta di acqua e biscotti partiamo in direzione Topes de Collantes. Il taxi ci costerà 30Cuc per il viaggio di andata e ritorno. Nel tragitto facciamo una breve sosta al mirador che dall’alto domina la valle circostante e la penisola di Ancon, poi in circa 30 minuti di ripidi sali-scendi arriviamo all’ingresso del parco El Nicho (6,5Cuc).
Da qui inizia il sentiero che si snoda all’interno della giungla e che in circa 1 ora ci porterà al Salto Caburni. Siamo in piena Sierra dell’Escambray dove i guerriglieri, comandati dal Che, si nascosero prima di sferrare l’attacco decisivo a S.Clara.
All’andata il sentiero è quasi tutto in discesa; camminiamo tra innumerevoli varietà di piante e uccelli che cantano. Arrivati a destinazione prima ci troviamo di fronte a una bella piscina naturale dov’è possibile fare il bagno, poi colmati gli ultimi 200mt (con scale di legno), si trova il Salto Caburni. Non è una vera e propria cascata, piuttosto una ripida discesa in un suggestivo canyon. Ci godiamo il rumore delle acque e la tranquillità del luogo facendo uno spuntino seduti sulle rocce.
Per il ritorno ci aspetta 1 ora di sentiero in salita! Il pueblo di Topes de Collantes si trova infatti a quasi 800mt di altitudine sul livello del mare.
L’alto livello di umidità e la salita si fanno sentire, e a ricordarci di essere in piena giungla ci pensa un serpente grosso come un braccio che attraversa il nostro cammino! Anche per questo in 45 minuti siamo di nuovo all’aria aperta (non ci sono serpenti velenosi a Cuba).
Ci gustiamo un ottimo succo di frutta (incluso nel prezzo d’ingresso) nel chiosco che si trova in cima al sentiero. Conversiamo un po’con il barman che si offre di farci una foto sulle altalene che fungono da seggiolini, poi siamo purtroppo costretti a fuggire per causa delle zanzare che ci stanno divorando vivi!
Il taxi è quasi puntuale; ci lasciamo alle spalle il piccolo pueblo di Topes de Collantes con la sua natura verdeggiante e il suo sanatorio “Staliniano”. Sulla via del ritorno il taxista ci propone una breve sosta a casa di una sua amica. Ci viene offerto un caffè: a Cuba il rito del caffè è molto sentito e i cubani ne bevono a litri. In questo caso assistiamo alla macinatura in un modo alquanto singolare; i chicchi vengono messi in un grosso mortaio e pestati a mano con un bastone altrettanto grande.
Dopo la piacevole sosta riprendiamo la via di casa ammirando dall’alto la penisola di Ancon.
La giornata è stata più piacevole del previsto e, come volevasi dimostrare, usciti dal girone dantesco delle sanguisughe si ritorna a godere della gente di Cuba. Fatto un bel respiro profondo ci ritorniamo a gettare nelle vie di Trinidad. Rimanendo distanti dal centro la città assume un volto più umano e per qualche istante riusciamo ad assaporarne le sfumature e i colori……fino a quando non arriviamo a tiro di Plaza Major ovviamente.
Consumata un’altra romantica cena nel nostro patio (stasera a base di pollo), usciamo per le strade semi-deserte della città. Ci dirigiamo verso la piazza principale dove sulla scalinata della “Casa della musica” tutte le sere c’è musica dal vivo. Solo qualche tavolino qua e là di cubani intenti a giocare a domino accompagna i nostri passi.
L’atmosfera a dire il vero è un po’strana, ci sono moltissimi turisti e l’impressione è che manchi un po’di quell’autenticità che per qualche sera abbiamo respirato a Viñales. Passiamo un’ora tra salsa, mojito e daiquirì.
24 Gennaio 2007 Trinidad – Playa Ancon
Anche oggi dormiamo a lungo e visto che non abbiamo necessità di svegliarci presto ricarichiamo le batterie. Prima della spiaggia facciamo un salto in banca per cambiare il denaro e ci accorgiamo che qui la procedura è un po’più lunga (si necessita del passaporto). Oggi per il tragitto Trinidad-spiaggia sperimentiamo il bus a 2 piani; quello sopra è scoperto……niente di meglio per osservare la città dall’alto!
La giornata in spiaggia non è particolarmente movimentata, l’unica emozione è data dalla gita di 1,30h in catamarano sul reef. Abbiamo la fortuna di essere gli unici ospiti del piccolo catamarano e la cosa rende il viaggio ancora più piacevole.
Il veleggiare sul pelo dell’acqua mi dà subito un piacevole senso di leggerezza; peccato non poter tenere il timone perché il sole, gli spruzzi e le vele gonfie, danno una bellissima sensazione di libertà.
In circa 20 minuti siamo sulla barriera. Gli hotel sulla riva si sono fatti piccoli, e dietro la Sierra dell’Escambray, domina con tutta la sua imponenza. La barriera corallina oltre a qualche pesce ed enormi ricci di mare non offre granché, prima di ripartire per il ritorno devo anche cimentarmi in un operazione di emergenza visto che l’ancora non ne vuole sapere di staccarsi dal fondo.
Alle 16.00 stanchi del sole ritorniamo in paese; ormai abbiamo solo 2 giorni di mare e decidiamo di dedicare un paio d’ore allo shopping per gli amici. Probabilmente la nostra tecnica del giro largo, unita alle nostre facce che non sono più così nuove in paese, ci permette di non avere troppe seccature. L’artigianato cubano, pur non essendo abbondante, può variare dalle tele, alle statue in legno, dai gioielli di corallo nero e madreperla, agli immortali cappelli che ricordano quelli indossati da Fidel o dal Che, dai cappelli e borse in foglia di palma e infine all’immancabile Guajabera.
Questa sera per cena ci aspettavamo gamberoni, ma in realtà nel piatto abbiamo gamberi, che sono comunque molto buoni, saporiti e soprattutto abbondanti.
Le strade anche questa sera alle 21.30 sono già deserte; ci dirigiamo ancora alla casa della musica dove sperimentiamo il mojito del bar che si trova più in basso (terribile!). A volte i casi della vita sono più strani di quello che ci aspettiamo: abbiamo bevuto forse il mojito più buono e quello più cattivo di tutto il viaggio a 20mt di distanza!
Alle 22.30 ci spostiamo, avevamo infatti notato un locale su Calle A.Maceo che ci sembrava carino. Il locale non sarebbe neanche male, ma lo spettacolo afro-haitiano è raccapricciante (modello “Alle falde del Kilimangiaro”), e il daiquirì seppur di discreta fattura ci costa ben 4Cuc (quasi il doppio del normale).
Scappiamo dopo mezz’ora, e dileguandoci attraverso la deserta via Simon Bolivar ci accorgiamo che riecheggia nella notte il rumore della televisione. Da porte e finestre delle case, aperte verso la strada, scorgiamo con curiosità intere famiglie, donne, vecchi, ragazzi e bambini tutti intenti a guardare una soap opera con il volume al massimo.
25 Gennaio 2007 Trinidad – Playa Maria Aguilar
Appena svegli sentiamo i nostri vicini di camera romani che elargiscono regali senza il minimo criterio. Sarà per questo che la gente per strada chiede sempre regali?! Noi abbiamo sempre lasciato saponi usati solo un paio di giorni nelle case che ci hanno ospitato, una maglietta o altro a chi ci ha fatto sentire particolarmente a nostro agio, ma sempre con il criterio che lo rendesse uno scambio equo e non solo un’elemosina senza senso!
Dopo aver riservato il pullman per sabato mattina e prenotato l’escursione a Cayo Blanco, aspettiamo tra un seccatore e l’altro che arrivi un coco-taxi; infatti oggi vorremmo provare anche questa emozione. Purtroppo l’attesa si fa lunga e dopo 15 minuti decidiamo di ripiegare con il taxi tradizionale……ovviamente mentre stiamo partendo ne arriva uno!
Ci facciamo lasciare nei pressi del Caribe Grill, proprio all’inizio di Playa Maria Aguilar. Qui non c’è molta sabbia, solo qualche scoglio e incantevoli ombrelloni a foglia di palma. Il mare ha però dei bei colori dati dal contrasto sabbia-scogli, e anche se lo snorkeling non offre particolari emozioni (come nel resto dell’isola), ci sono pesci in quantità e piccoli ricci di mare incastrati nelle fenditure del fondale. Il ristorante nell’ora di pranzo si riempie; questo non disturba però la quiete della spiaggia, che rimane a far da cornice, tra il blu del mare e il cielo azzurro turchino che oggi non presenta nemmeno una nuvola nell’arco di 360 gradi.
Verso le 16.15 ci mettiamo sulla strada in cerca di un taxi; il primo a fermarsi ci chiede 5Cuc, rifiutiamo, il secondo sale addirittura a 6Cuc! Lo mandiamo a quel paese incamminandoci a piedi, caso vuole che dopo pochi secondi passi un’auto con una coppia di tedeschi che si ferma! Forse siamo stati premiati per tutti i cubani che abbiamo caricato nei 2 giorni in cui avevamo l’auto, fatto sta che questa volta a fare autostop siamo noi.
Facciamo la nostra solita passeggiata per il centro, dove troviamo il vecchietto che la mattina vende banane, intento a vendere ciambelle fritte. Sono molto buone, anche se mi sa che il prezzo di 5Pcu per 2 ciambelle sia gonfiato. Acquistiamo anche una scatola con il gioco del domino, e la signora del negozio ci spiega le regole con molta partecipazione e trasporto.
Stasera per cena filetto di pesce, e alle 22.00 usciamo. Il clima è insolitamente afoso e nel cielo le stelle hanno lasciato il posto a nubi minacciose. La scalinata questa sera è particolarmente animata, molti turisti ma anche molti cubani e cubane giovani in cerca di prede. Passiamo dal daiquiri al cuba libre, che però questa volta non sono all’altezza della prima sera, e sotto un cielo nuvoloso che a malapena lascia trasparire l’alone della luna, ascoltiamo un po’di salsa.
26 Gennaio 2007 Cayo Blanco
L’ultimo giorno a Trinidad inizia all’alba, il cielo è ancora minaccioso ma sembra che le nuvole vadano diradandosi. Il taxi della Cubatour per portarci alla marina di Ancon deve fare il giro da “La Boca”, un piccolo abitato sul mare a pochi km da Trinidad, perchè in città c’è un corteo di bambini e tutte le strade sono bloccate. Il nostro vero appuntamento con La Boca arriverà più tardi.
Arrivati a destinazione ci schedano e soprattutto ci squadrano, essendo gli unici che hanno prenotato il trasporto e non il pranzo…..credono che possiamo tentare di mangiare senza averne titolo!!
L’attesa è lunga, partiamo con un leggero ritardo, e inoltre la banda di vecchie franco-canadesi che si trova sulla barca con noi non sembra particolarmente simpatica. Il catamarano pur essendo con il vento a favore, ovviamente naviga a motore.
Nel tragitto facciamo la piacevole conoscenza con una coppia di italiani, Pier e Nadia (che dormono a La Boca), trascorriamo la giornata conversando, anche perché il cielo che si fa subito grigio e il forte vento rendono la giornata terribile dal punto di vista meteorologico. Grazie a loro riusciamo a bere anche un paio di birre a scrocco, alla faccia di quei merdoni di questa mattina.
Per essere sinceri credo proprio che i soldi spesi per la gita (30Cuc a testa), sarebbero stati troppi anche nel caso in cui ci fosse stato il sole. Cayo Blanco non offre niente di indimenticabile e il tragitto in barca è piuttosto deludente.
Verso le 14.30 facciamo rotta verso casa. Il ritorno è lento e contro vento, la fortuna anche questa volta ci assiste; le solite vecchie franco-canadesi, che appena saliti ci hanno urlato contro perché i posti a sedere erano loro, si ritrovano schiena a prua e si sa che navigando contro vento le secchiate d’acqua abbondano! Noi ce la ridiamo a sedere per terra, scomodi ma quasi del tutto riparati.
Durante il tragitto cambiamo di nuovo il nostro programma. Decidiamo di partire con Nadia e Pier per l’Avana in taxi, e in questo modo allo stesso prezzo del bus possiamo fare una sosta a S.Clara (sosta che avevamo dovuto cancellare per motivi logistici).
Arrivati a Trinidad, dopo uno spuntino a base di pizza in Pcu per la strada, prenotiamo il taxi per l’indomani e salutiamo i nostri nuovi compagni di viaggio.
Stremati dal freddo e dal vento, visto che dobbiamo ancora preparare i bagagli e il pacco che abbiamo intenzione di spedire a Cundy, questa sera decidiamo di non uscire; in fondo ci consoleremo con due enormi aragoste per cena!
Il forte vento non ci permette nemmeno di stare fuori nel patio nonostante sia protetto da quattro mura, così dopo aver lasciato qualche maglietta e medicinale anche alla famiglia che ci ha ospitato qui a Trinidad, non ci resta che giocare a domino nel patio interno e naturalmente lasciare la nostra dedica sul libro della casa.
27 Gennaio 2007 Trinidad – S.Spiritus – S.Clara – L’Avana
L’ultima abbondante colazione qui da Alberto, ha già un po il sapore della nostalgia. Dopo le foto di rito con lui e suo padre (il cuoco, che si chiama anche lui Alberto) usciamo per spedire il pacco a Cundy. Nel frattempo sembra che l’ondata di vento e freddo sia passata ed è ritornato il sole. Approfittiamo della nostra uscita anche per comprare qualche cartolina del Che da portare in dono agli amici. Pochi minuti dopo il nostro ritorno arriva il taxi, che nel frattempo ha già prelevato Nadia e Pier, e partiamo con destino l’Avana. Sulla strada per Sancti Spiritus attraversiamo la “Valle de los Ingegnos”, nota anche come valle dei mulini dello zucchero. Fino al 1850, anno in cui crollò il prezzo dello zucchero, fu un centro economico vitale per l’isola con i suoi 70 mulini e fino a oltre 11.000 schiavi!
Arrivati a S.Spiritus il taxista, che abita qui, ci fa da cicerone mentre con il taxi attraversiamo le tranquille ma animate strade della città. Dopo un’altra ora sotto ad un cielo grigio, in cui attraversiamo campi incolti e piantagioni di canna da zucchero, arriviamo finalmente a Santa Clara.
La prima sosta è al museo istituito nel luogo in cui la colonna 8 “Ciro Redondo” capitanata da Che, ha deragliato il treno che trasportava le armi e i soldati di Batista, dando così una svolta definitiva alla rivoluzione. Qui ci accade un fatto che sta sospeso tra la burla e l’incredibile. Un vecchio signore vedendoci fare foto, dopo un po di esitazione, si avvicina e ci mostra una sua foto da giovane. Racconta di essere appartenuto al gruppo di soldati che quel giorno, lontano ormai 48 anni, attaccarono il treno facendoci anche un breve racconto di un momento della battaglia. Come se non bastasse ci dice di essere cugino di primo grado della seconda moglie del Che!
Appuntamento con la storia? Chi può dirlo.
Se ne và dicendo che un tempo amava passeggiare qui per incontrare persone interessate a cosa accadde quel giorno ma ora, a causa della vecchiaia, camminare gli risulta difficile e non esce più molto spesso. Il fatto che se ne vada così come è arrivato senza chiedere nulla ci lascia il dubbio che sia veramente tutto vero e che per un istante la storia ci abbia preso per mano.
Il taxista, che credevamo scappato con le nostre valigie, nelfrattempo ha fatto ritorno dalla sosta rifornimento e dopo un breve passaggio attraverso l’anonimo centro della città ci porta al mausoleo dedicato ad Ernesto Guevara de la Sierna.
Qui l’ingresso è gratuito e soprattutto non si possono fare foto. Rimaniamo piacevolmente stupiti dalla cura di questo piccolo museo e soprattutto dalla sacralità della tomba.
All’esterno abbiamo anche una breve discussione con la polizia; ci hanno bloccato mentre cercavamo di fotografare un albero?!
Sull’altro lato, quello della statua, fortunatamente possiamo fare foto. È la stessa “Plaza della Revolucion” dove Fidel Castro cadde e si ruppe la rotula nell’ottobre del 2004.
Ripartiamo, questa volta con destino finale l’Avana. Sotto nostra richiesta, l’autista, ci concede una sosta nel peggior autogrill per cubani di tutta la Carretera Central. Mangiamo un panino alla mortadella, di dubbia provenienza, qualche galletta secca e per la nostra felicità possiamo pagare in Pcu.
Velocemente copriamo il tratto di strada che ci separa dalla capitale; tra campi incolti, nuvole di fumo dovuto alle sterpaglie bruciate e venditori ambulanti appostati sulla terza corsia arriviamo all’Avana sul calar della sera.
Dopo aver chiesto l’ultimo sacrificio al nostro autista, sosta a Plaza della Revolucion per le foto di rito, scendiamo finalmente davanti alla casa particular che ci ospiterà l’ultima notte, ad un primo impatto non sembra neanche tanto male.
Usciamo subito perchè non vogliamo perderci nemmeno un istante di questi ultimi giorni cubani. Ci immergiamo nel mercatino dell’artigianato sul Malecòn, all’Habana Vieja, dove c’è una gran confusione perché stanno sbaraccando e fatti gli ultimi isterici acquisti, ci aspetta il mojito più famoso di Cuba: la “Bodeguita del Medio”.
La cattedrale vestita a sera è qualcosa di unico. La piazzetta che le sta di fronte, con le luci basse e i tavolini, sembra presa da un quadro del ‘700. Il mojito della Bodeguita è sicuramente il peggiore bevuto in queste due settimane, ma ci regala però un attimo indelebile: il momento trascorso a chiacchierare seduti fuori sul marciapiede. Attimi sospesi tra parole, mojito e il fascino decadente di questi stretti vicoli. Anche se sembra una banalità, ritornare all’Avana dopo due settimane in giro per l’isola ha tutto un’altro sapore e guardiamo con altri occhi quello che forse all’inizio ci spaventava un po.
Contrattiamo il taxi per il ritorno e al momento di salire scopriamo che è il nostro primo taxi particular anni ’50! Stare seduti sui comodi divani di questa auto, con il rombo del motore a fare da cornice è un vero e proprio tuffo nel passato.
A riportarci nel presente ci pensa la pessima cena preparataci da Ivon, la padrona di casa, e per mettere la ciliegina sulla torta appare anche parecchio seccata quando a fine pasto chiediamo un caffè! Ma dove è finita la cortesia dei cubani incontrata fino ad ora?
La buona notizia è, se tutto fila liscio, che questa notte a mezzanotte e trenta arriverà il bus da Moròn e qualcuno ci riporterà il nostro zaino. Mirta lo ha infatti recuperato e grazie anche all’aiuto di Alberto prima di partire da Trinidad, ci siamo accordati per questa soluzione.
Usciamo in cerca di un locale dove bere qualcosa; ci facciamo accompagnare alla Casa della Musica nel quartiere Miramar, ma qui purtroppo il costo d’ingresso è di 20Cuc e noi dobbiamo rimanere soltanto un’ora. Rifiutiamo varie contrattazioni con diversi taxisti che chiedono troppo, poi infine ne troviamo uno che ci porta all’Habana Vieja per un prezzo onesto. Ci lascia al bar Monserrat, dove assaggiamo mojito e daiquirì, ma purtroppo quando siamo arrivati noi i musicisti stavano già chiudendo la serata.
A mezzanotte in punto siamo al Terminal de Omnibus della Astro, che non è molto affollato e ce lo fanno capire anche le due impiegate del box informazioni. Quando arriviamo infatti stanno guardando una telenovela e sembra non ne vogliano proprio sapere di prenderci in considerazione! Dopo essere stati degnati di ascolto, apprendiamo che il bus da Moròn arriverà in realtà all’1.50 e non al’1.00 come ci aveva detto Mirta.
Nella sala d’aspetto i sedili sono invece quasi tutti occupati; le persone sono praticamente tutte intente a guardare un raccapricciante film horror cinese oppure a dormire, nonostante il volume altissimo.
Finalmente l’autobus arriva e con esso il nostro zaino. Ebbene si, dopo una settimana, in questo paese dove la povertà è a tratti disarmante, siamo riusciti a recuperare le nostre cose. Questo grazie a persone che non conoscevamo e che probabilmente non rivedremo mai più!
Copriamo a piedi, nella fragile quiete che avvolge la buia notte dell’Avana, i 10 minuti che ci separano da casa.
28 Gennaio 2007 L’Avana – Playa del Este – Aeroporto
Ivon dopo averci regalato la peggiore cena del viaggio, non si smentisce nemmeno con la colazione. Inizia così la nostra ultima giornata cubana e il tempo sembra mettersi al meglio. Abbiamo contrattato tramite Ivon un taxi particolar che per 25Cuc ci porta a Playa del Este e nel pomeriggio verrà a riprenderci. Alle 9.15 è sotto casa nostra, facciamo salire Linda davanti perché ci dicono sembri cubana (nel caso ci siano posti di blocco per strada) e dopo aver attraversato il tunnel dell’Avana, in circa 30 minuti di strada, dove incontriamo più polizia che mezzi, arriviamo nei pressi di Playa Meganò.
La spiaggia, anche se non di fine borotalco, è meglio di quanto ci saremmo aspettati. Il mare trasparente e di un bel azzurro turchese promette bene. Il bagnasciuga è ancora semi deserto; noi prendiamo posizione mentre lentamente va popolandosi di qualche turista e numerosi cubani.
Questo è il luogo dove notiamo anche il maggior numero di accoppiamenti dal chiaro interesse economico; la guida la segnalava infatti come zona di incontro per turisti in cerca di emozioni forti.
Mentre facciamo la conoscenza con due italiani sulla settantina (uno dei quali ci racconta di aver vissuto 10 anni in Venezuela) il sole ci abbandona che non è ancora mezzogiorno per lasciare spazio a grigie nubi.
Tra un ottimo mojito e qualche chiacchiera arrivano alle 14.00. Il vento fastidioso e qualche goccia di pioggia rendono inutile la nostra presenza, così a malincuore salutiamo il mare di Cuba e le sue spiagge.
Il taxista fortunatamente vedendo piovere è venuto a prenderci in anticipo e alle 14.30, scortati da grigie nubi facciamo rotta verso la città, dove sembra sia piovuto molto di più. Attraversiamo per l’ultima volta il Malecòn.
Il Malecòn è lo specchio di questa città, con le case di Habana Centro che si sgretolano sotto i colpi della salsedine e delle intemperie, con le poche fumose macchine che lo percorrono e con i numerosi cubani che al calar del sole lo fanno brulicare di vita. Nelle poche luci della sera la città appare più misteriosa e gli accalappia turisti quasi scompaiono. Nelle sottili ombre della notte, qui, ci si può quasi sentire cubani.
Ci facciamo lasciare nei pressi di Coppelia, oggi è domenica, la fila per il gelato rasenta veramente l’incredibile e dobbiamo per questo accontentarci di una pizza nel già testato fast-food a lato del cinema.
Il tempo va peggiorando, ci regala scrosci di pioggia alternati a relativa calma e noi riprendiamo la via di casa sugli scivolosi marciapiedi dell’Avana.
La doccia e i saluti sono il nostro ultimo contatto con le case particular. Saliamo sul taxi mentre un ultimo sguardo insegue via San Miguel, lunga e diritta, quasi a voler afferrare un ultimo sospiro dell’Habana Vieja che là in fondo all’orizzonte continua a pulsare nel suo tran tran quotidiano.
Dopo 2 settimane, che sono scivolate via in un attimo, lasciamo l’Avana in una domenica grigia con le strade zuppe di pioggia e relativamente deserte. Costeggiamo Plaza della Revolucion con i suoi palazzi governativi avvolti nel grigio, quasi a voler indicare la via della decadenza presa dopo un inizio di buone promesse. Penso sia difficile o quasi impossibile, in 2 settimane, capire le difficoltà di un embargo lungo 50 anni, ma l’impressione è che questo popolo capace di fare una rivoluzione e spina nel fianco degli USA per il solo fatto di esistere, non sia stato in grado poi di evolversi fermandosi allo stadio di crisalide.
Il taxi ci lascia davanti alle porte a vetro dell’aeroporto e prima che se ne vada, quasi dimenticandomi, gli offro l’ultima scatola di antibiotici che mi ero tenuto in tasca per i casi di emergenza. Il sorriso spontaneo che l’uomo ha sprigionato nel momento in cui si è reso conto di cosa gli stavo donando, penso rimarrà l’emblema di questo viaggio.
Ricorderemo Cuba per le spiagge, belle sì, ma non come ci aspettavamo; la ricorderemo per i suoi unici e immensi cartelloni pubblicitari inneggianti la rivoluzione, anche perché non hanno altro da vendere; ma la ricorderemo ancor di più, e dal profondo del nostro cuore, per il calore di chi si è rapportato con noi in modo spontaneo e senza secondi fini. Ricorderemo certo i volti e i sorrisi di chi ci ha ospitato nella sua casa e mai per un solo istante ci ha fatto sentire a disagio o fuori posto, chi con naturalezza ha fatto gesti che nel nostro mondo civilizzato non sono poi così scontati, e infine ricorderemo Viñales che con la sua natura e la sua gente fuori dal tempo ci ha offerto forse la Cuba più autentica.
Un antico proverbio dice: "L'uomo che torna da un viaggio non è mai come quello che è partito". Non so quanto profondo sia il segno che Cuba ci ha lasciato; ci vorrà un po di tempo per dirlo, di certo non ci ha lasciato indifferenti.
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